Per usare un'espressione generale, ma efficace, si potrebbe parlare di stress soffocato nel cibo. Il meccanismo che spinge ad abbuffarsi per sostenere situazioni stressanti è proprio della natura femminile e va conosciuto in profondità per evitare di diventarne vittime inconsapevoli, come spesso accade. Secondo il dietologo Luigi Oliva, la fame determinata dallo stress si riconosce quando si avverte lo stimolo a mangiare in misura eccessiva e in maniera alterata rispetto al normale bisogno di cibo. La fame autentica, quella biologica, conduce all'assunzione di cibo soltanto in quantità utile a raggiungere la sazietà. In presenza di situazioni particolarmente stressanti i due segnali di fame e sazietà, che rispettivamente precedono e concludono il pasto, risultano alterati. Inutile dire che le persone con una forte componente emotiva sono quelle più esposte. Il rischio è quello di riempirsi di cibo, specialmente fuori dai pasti, passando nervosamente dal dolce al salato, senza rendersene conto o addirittura contro la propria volontà.
Ma attenzione ! Non si tratta di una semplice debolezza o dell'incapacità di dominarsi come si tende comunemente a pensare, aumentando i sensi di colpa. Infatti entrano in gioco alcuni ormoni, prodotti dal nostro organismo in caso di stress, che vanno ad influenzare il comportamento alimentare. Il nostro corpo reagisce alla situazione d'emergenza liberando steroidi e catecolamine che, assieme a serotonina e dopamina, anch'esse interessate dallo stress, sembrano essere responsabili dell'insorgenza della fame nervosa. Va poi osservato che non siamo tutti uguali. Esistono due tipi di soggetti: gli adrenalinici, che messi sotto pressione diventano inappetenti, e i cortisonici, che nella stessa condizione invece avvertono maggior bisogno di cibo. L'adrenalina è un ormone che favorisce il dimagrimento, mentre i cortisonici attivano l'accumulo di grassi e la ritenzione idrica. Perciò le persone del primo tipo sono solitamente magre, iperattive e provano scarso interesse per il cibo, mentre quelle del secondo tendono all'obesità e sono attratte dal cibo. I diversi soggetti reagiscono in modo opposto alle difficoltà e alle delusioni della vita, dimagrendo se adrenalilnici, ingrassando se cortisonici. Stando così le cose la battaglia sembra persa in partenza, qualora si appartenga alla sfortunata schiera dei cortisonici. Ma non è finita: il cibo, apportando zuccheri, agisce sul livello di serotonina nel nostro cervello generando una sensazione di benessere, il che spiega il buonumore che segue all'avere mangiato un piatto di pasta. Le diete povere di zuccheri portano ad un abbassamento del livello di serotonina che si traduce in un bisogno pressante di dolci. Le donne sono particolarmente esposte a tali fenomeni, specialmente nel periodo premestruale, quindi si dimostrano ancor più svantaggiate a contrastare gli effetti della fame nervosa e ad osservare una dieta.
Come regolarsi? Innanzitutto la fame da stress va combattuta eliminando la causa, quindi lo stress. Purtroppo non sempre è possibile, ma in tal caso non dovremo commettere il grave errore di intensificare lo stress con il tentativo di seguire una dieta restrittiva. Sarebbe controproducente. Oltretutto i probabili fallimenti nel cercare di dimagrire scatenerebbero a loro volta altra insoddisfazione e quindi altro stress. La soluzione a questo punto, se si tratta di vera fame nervosa, sta nel riuscire a spezzare il legame esistente tra le emozioni e il cibo, ma essendo coinvolti processi ormonali e predisposizioni naturali, riuscirci da soli è veramente difficilissimo. Bisogna innanzitutto rinunciare alle illusioni delle diete fai-da-te e poi rivolgersi ad un centro che si occupi della diagnosi e della cura dei disturbi del comportamento alimentare. La cosa più difficile, naturalmente, resta quella di convincersi della necessità di farlo e dei benefici che se ne possono trarre.
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