ADOLESCENZA

Piccole vittime del bullismo

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Le azioni dei bulli non sono solo fisiche o verbali, ma anche indirette.

'Bullying' è la parola inglese dalla quale è nato il termine italiano 'bullismo': una forma di oppressione vissuta da un ragazzo a causa di un compagno prevaricatore, una condizione di sofferenza, di emarginazione dalla propria classe o dal gruppo di amici che sfocia nella svalutazione della propria identità. Per non confondere il bullismo con gli abituali conflitti fra coetanei ci sono determinati dettagli da tenere sotto controllo:

- l'azione del 'bullo' avviene intenzionalmente per produrre sofferenza al ragazzo, chi la produce non prova alcuna compassione verso il compagno ferito moralmente o fisicamente;

- l'atto viene ripetuto con frequenza e con la medesima metodica;

- i soggetti coinvolti, 'bullo' e vittima, hanno caratteristiche caratteriale opposte: il primo è un duro l'altro, spesso, è un debole o un introverso.

Le azioni dei bulli non sono solo dirette, fisiche (violenza fisica) o verbali (gergo oltraggioso e canzonatorio) ma anche indirette: l'emarginazione e il pettegolezzo sono situazioni estremamente difficili da sopportare.

Le vittime predilette del bullo sono i bambini o i ragazzi riservati, timorosi e sensibili, che hanno paura di reagire anche fisicamente per timore di farsi male e che non sono dei grandi sportivi. Il molestato èun bambino o un ragazzo che si rapporta meglio con il mondo degli adulti anche se con loro non riesce ad aprirsi per confidare le proprie difficoltà.

Questi soggetti non reagiscono al momento della molestia a causa della loro poca autostima. Spesso in classe o nel gruppo sono isolati e i ripetuti attacchi da parte di ragazzi violenti abbassano ulteriormente le loro difese. Anche i compagni o i coetanei tendono a non frequentarlo per timore di essere trattati come lui.

Ma quali sono i segnali che dobbiamo ascoltare per capire se il figlio sta vivendo una situazione di disagio?

Ci devono metter in allarme le continue richieste di denaro, un rifiuto sempre più insistente ad andare a scuola e la comparsa di frequenti malesseri ma anche vedere il ragazzo spesso triste oppure impaurito fino a svegliarsi la notte oppure il rifiuto da parte sua di raccontare ciò che viene fatto a scuola oltre naturalmente alla presenza di lividi o graffi non riconducibili alle sue ordinarie attività.

Come comportarsi nel caso si capisca che il ragazzo è vittima di atti di bullismo? Gli psicologi sono concordi che non bisogna insistere perché il ragazzo confessi le molestie con un interrogatorio perché verrebbe letto come un atto di sfiducia nei suoi confronti, del tipo '...voglio proprio vedere se c'è una buona ragione perché tu non voglia andare a scuola...'. In questi momenti difficili è la famiglia che deve porsi al fianco del ragazzo in modo incondizionato mettendo in atto tutte le strategie possibili per cercare di aiutarlo. Andare a prenderlo a fine scuola, proibirgli di partecipare o di frequentare il gruppo di amici spesso sono scelte che peggiorano la situazione in quanto i suoi coetanei le leggeranno come una sua incapacità nel sapersi difendere da solo.

Sono proprio gli amici o il gruppo classe le persone che devono essere coinvolte, insieme alla famiglia e al corpo docente, perché con il loro aiuto e supporto si cerchi di emarginare ed isolare gli elementi violenti. Se il genitore ha un sospetto anche vago di un'eventuale molestia subita dal figlio deve farlo presente senza indugio agli insegnanti perché vengano prese le precauzioni del caso.

Spesso questi atteggiamenti vengono riscontrati tra i gruppi di maschi ma esiste, ed è sempre più frequente, anche una forma di bullismo che coinvolge le ragazze. La vittima viene intimidita da pettegolezzi, esclusioni dal gruppo e prese in giro. Le bambine che utilizzano la molestia verbale sono ragazze problematiche che sperano d'imporsi sul gruppo femminile con piccole furbizie creando attriti e malumori tra le coetanee anche tramite le menzogne. Questi atteggiamenti sono difficili da smascherare anche dall'insegnante stessa, sono quindi sempre i genitori i primi che devono leggere nelle espressioni della figlia le situazioni di disagio e farne subito presente ai docenti di riferimento.

In questo caso è utile che il genitore cerchi di far rafforzare le amicizie della ragazza al di fuori del contesto scolastico inoltre può essere di aiuto la preparazione di una strategia per opporsi alle maldicenze, magari preparando insieme a lei delle frasi da utilizzare al momento della molestia come '... a me non interessa quello che tu pensi di me...', '...non mi fare perdere tempo con queste chiacchiere inutili...' in modo da tranquillizzarla e renderla più serena.

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