“Non si può dire che fare il dottore sia un brutto lavoro. Visito ogni giorno molte persone che hanno bisogno di me, entro nelle loro storie, oltre i sintomi, e sbircio dentro le loro vite per aiutarle a stare meglio. Ricordo ancora quando mi iscrissi alla facoltà di Medicina con la morte nel cuore. Mio papà ingegnere e mia mamma cardiologa vedevano per me un futuro roseo nel campo della medicina. Non me lo hanno mai detto espressamente, ma si capiva dai discorsi che facevano: le loro aspettative, i loro progetti, le loro convinzioni, a volte anche le loro frustrazioni di gioventù, quando mi raccontavano di treni passati troppo presto che non erano stati in grado di prendere.
Mi sono sempre impegnata molto a scuola, sin dalle elementari, ero quella che si dice “una brava bambina”. Andavo bene in tutte le materie, dalla matematica alla storia, dalla chimica al latino. Ma quello che mi piaceva fare più di tutto era scrivere. Tra me e me, mi sono immaginata tante volte di insegnare a bimbi di 6 anni a scrivere: a riprovare quella stessa gioia che io stessa avevo sentito nello scoprire lettere e combinazioni di parole.
I miei genitori hanno sempre dato per scontato che io avessi i loro stessi gusti, che apprezzassi il rigore e la scienza (forse perché ero ordinata e meticolosa) e che questa mia passione per l'insegnamento fosse una cosa passeggera, che non avrebbe lasciato alcuna traccia nel tempo. Credevano che non mi importasse di rimanere in attesa del ruolo per anni, delle mille supplenze in tutta Italia, o dell'eventualità di diventare maestra di sostegno.
Non credo che l'abbiano fatto in malafede: sono ancora convinta che desiderassero per me il meglio. Sembravo più un loro prolungamento che un individuo autonomo capace di decidere cosa desidera per sé. Certo, 19 anni non sono l'apice della maturità e forse non sono nemmeno l'età sufficiente per decidere in pochi mesi del proprio futuro. Io, dal canto mio, non volevo deluderli. Ero sempre stata una ragazza decisa e sicura di sé, ma se oggi ripenso al primo anno di Università mi sento ancora insicura e piccola come allora. Mi sono trovata spesso in contesti che non mi appartenevano del tutto, mi sono sentita inadeguata prima e dopo ogni esame, come se non fossi lì davvero, come se non fosse la mia vita. Non per davvero.
Se solo avessi avuto il coraggio di dire con più forza quello che desideravo, se solo loro avessero ascoltato più attentamente cosa stava maturando dentro di me, ora sarei più io.”
Se sei una mamma, aiuta i tuoi figli a capire cosa desiderano per il loro futuro.
Se già hanno le idee chiare, incoraggiali, assecondando le loro passioni, perché fare un lavoro che si ama è una delle cose più belle che possa capitare nella vita.
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