E arriva anche quando, vedendolo così impegnato sui quaderni, avevate pensato che, ormai, fosse davvero diventato "grande". . E, crescere, vuol dire confrontarsi con impegni e responsabilità, vuol dire imparare a prendere le misure con le proprie capacità. Contando però, in ogni caso, sulla comprensione di un adulto.
La scuola rappresenta per un bambino l'occasione principale grazie alla quale diventare più autonomo e più sicuro di sé. E' nella scuola e con la scuola che un bambino impara a rispettare le regole, si confronta con figure diverse da quelle familiari, affronta la delusione di un brutto voto, scopre il piacere di un lavoro ben fatto e di un risultato raggiunto con impegno. Esperienze positive e negative che, per crescere sicuro, il piccolo deve poter vivere.
L'obiettivo principale non è quello di un compito perfetto, quanto lo sviluppo dell'autonomia di un figlio. E non c'è autonomia in un piccolo studente che fa i compiti a casa aiutato dai genitori. Tantomeno se, nel desiderio adulto di un buon risultato scolastico, l'aiuto quotidiano è addirittura più imposto che cercato. Per diventare grande un bambino deve avere uno spazio dove sperimentare e sbagliare da solo, dove scoprire che può farcela senza genitori, dove trovare i propri limiti e godere dei propri piccoli successi. E dove sapere che, comunque vada, può contare sulla stima e sull'affetto degli adulti.
Non di rado, infatti, la richiesta di aiuto nel fare i compiti a casa nasconde anche un desiderio del piccolo di poter godere della presenza di mamma o papà, di ottenere che si occupino di lui e, soprattutto, di fare in modo che apprezzino le sue capacità. Ed è per questo che i genitori, non solo possono, ma "devono" dimostrarsi interessati all'impegno scolastico, accertando che tutti i compiti in programma siano stati fatti e verificando insieme il risultato del lavoro svolto. Il che non vuol dire correggere i compiti o sostituirsi agli insegnanti. Vuol dire, semmai, far comprendere al piccolo, ancora prima di mettersi a studiare, quanto lavoro c'è da fare, invitandolo a rivedere il compito in caso di errori e, naturalmente, lodandolo ed incoraggiandolo quando l'impegno appare evidente. Vuol dire, insomma, dimostrargli in ogni caso il nostro affetto e fornirgli una presenza stabile e serena.
Richiedere "prestazioni" eccellenti ("devi essere bravo come tuo cugino"), caricare di significati affettivi il suo rendimento scolastico ("se mi volessi davvero bene saresti più bravo a scuola") drammatizzare gli insuccessi ("finirai male continuando di questo passo"), così come attribuire un valore di scambio allo studio ("dopo tutto quello che ho fatto per te dovresti ripagarmi studiando") sono atteggiamenti che si rivelano assolutamente controproducenti. I nostri figli non ci "devono" niente e non hanno bisogno di dimostrare nulla a nessuno. Tantomeno l'affetto che provano nei confronti dei loro genitori. Hanno, semmai, "bisogno" di tutto il nostro amore e di tutta la nostra pazienza per comprendere che crescere vuol dire mettersi alla prova, vincere, e anche sbagliare. E per scoprire che non è un errore che impedisce di essere amati. Ma è imparando ad accettarlo e a correggerlo che si diventa "grandi".
Il bambino dovrebbe quindi abituarsi a chiedere uno specifico aiuto in caso di difficoltà e non una collaborazione costante.
- Insegnategli ad organizzare io suo tempo, fissando insieme a lui un orario preciso per i compiti e prevedete un posto fisso per farli, lontano dalla televisione.
- Se il fatto di dover fare i compiti deprime il vostro bambino, o se deve fare qualcosa di particolarmente lungo e noioso, istallatevi di fianco a li a fare i conti della spesa, a scrivere lettere, a verificare fatture, piuttosto che sedervi vicino a a guardarlo fare p ad aiutarlo. È un modo di farlo sentire meno solo ed una maniera per fargli capire che ciascuno ha i suoi compiti e se li deve fare.
- Alcuni bambini preferiscono lavorare nel soggiorno circondati dalle conversazioni del resto della famiglia, altri si concentrano di più se sono soli. Verificate e scegliete insieme a lui la situazione più adatta alle sue possibilità di concentrazione.
(Fonte: Guida su come vivere meglio con i nostri bambini)
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