Le case sono un’insieme di cubi azzurri che si accatastano disordinatamente. Non per nulla è detta anche “Blue city” proprio per le sue abitazioni dipinte di indaco. Gli odori si smorzano nell’aria anche se non riescono a raggiungere i monumenti più alti della città. Questa sorge, come le altre fortezze indiane, su un’altura che è un insieme fortificato di alte mura (ma anche di palazzi e di templi). Alcune occupano un’intera area collinare di svariati chilometri quadrati. I palazzi raccolgono un succedersi imponente di stanze dedicate alle donne (dove i trafori intagliati nella pietra nascondevano la presenza delle concubine e delle mogli), sale per le udienze, cortili e zone studiate per essere usate alternativamente nel periodo dei monsoni o d’estate.
I palazzi e i giardini esaltano sempre la preziosità dell’acqua. Negli interni questa rinfrescava gli ambienti percorrendo canali e scivolando su lastre di marmo che, sia nel disegno che negli intagli, suggeriscono sempre onde e mulinelli. Nei giardini fontane zampillanti e grandi piscine frantumano in mille riflessi le facciate dei palazzi.
Farai caso come nelle recensioni di viaggi del genere si sottolinei sempre come le architetture splendide e colorate stridano poi con la triste miseria che le circonda. È un contesto che ha ceduto al progresso solo nella misura in cui alcuni di questi palazzi sono stati adibiti ad alberghi. Per il resto ogni aspetto è rimasto medievale. Ma la bellezza e la tristezza forse sono la vera espressione dell’India. E le recensioni dei nostri viaggi non possono escludere una faccia dall’altra. Forse è proprio nella loro unione che dobbiamo cercare la chiave per capire questo incredibile paese.
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