Il licenziamento per giusta causa è una modalità di licenziamento a disposizione del datore di lavoro, che può essere messa in atto se il dipendente mette in atto alcuni comportamenti che, dal punto di vista disciplinare, sono gravi e possono ledere all'immagine e alla produttività dell'azienda. I motivi, ovviamente, devono essere davvero molto gravi, talmente importanti da dover per forze di causa maggiore interrompere il rapporto di lavoro, anche se questo è a tempo indeterminato.
Secondo quanto stabilito dalla L. n. 604 del 15 luglio 1996, dallo Statuto dei lavoratori e dalla L. n. 108 del 11 maggio 1990, il datore di lavoro può licenziare in modo unilaterale solo ed esclusivamente per giusta causa, individuando nella condotta del dipendente un'attività che non sia funzionale al regolare svolgimento dell'attività produttiva.
La giusta causa, da associare al licenziamento, è regolata dall'articolo 2119 del Codice Civile. Tale articolo prevede che il datore di lavoro e il lavoratore possano recedere il contratto a tempo indeterminato senza alcun preavviso. Ma solo nel caso in cui la causa sia così grave da non consentire ai poter continuare il rapporto di lavoro. L'inadempimento deve essere davvero grave, come specificato dalla giurisprudenza, da non poter essere sostituito da altre sanzioni previste. Inoltre, tali inadempienze devono essere così importanti da non consentire al datore di poter spostare il lavoratore ad altra mansione all'interno dell'azienda.
Si tratta di una inadempienza o di una trasgressione così gravi da compromettere il rapporto di fiducia che il datore ha instaurato con il dipendente. Solo in questi casi si può recedere in modo unilaterale il rapporto di lavoro, anche senza preavviso. Ad esempio, nel caso in cui il dipendente si è assentato dal lavoro oltre i termini contrattuali e senza giustificazioni, di furto di beni aziendali, di danneggiamenti o fatti criminali, ritardi continui sul posto di lavoro, di minacce e di percosse o altro.
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