Non c’è usanza più dolce a Natale di quella che prevede un bacio sotto al vischio, un modo tenerissimo per rendere le feste ancora più affettuose. Ma quella che ai giorni nostri è una tradizione assodata e irrinunciabile, ha una storia che affonda le sue radici in un passato lontano, fatto di miti e leggende.
Molte culture antiche apprezzavano il vischio per le sue proprietà medicinali. I greci erano noti per usarlo come cura per tutto, dai crampi mestruali ai disturbi della milza e il naturalista romano Plinio il Vecchio notò che poteva essere usato come balsamo contro l'epilessia, le ulcere e i veleni. Le attribuzioni romantiche alla pianta molto probabilmente iniziarono con i Druidi celtici del I secolo d.C.
Essendo il vischio una pianta capace di fiorire anche durante gli inverni più freddi, i Druidi iniziarono a vederlo come un simbolo sacro, ma anche come un tonico per migliorare la fertilità in persone e animali. C’è poi una storia norrena legata al vischio, che narra della morte di Baldur, figlio di Odino, per una freccia realizzata col legno di questa pianta, scagliata da Loki.
La madre di Baldur, Frigg, dea dell’amore, aveva cercato di proteggere il figlio chiedendo ad ogni pianta cresciuta sulla terra di non danneggiarlo. Ma essendo il vischio una specie emiparassita, che cresce sui rami degli alberi, la richiesta di Frigg non aveva nessun potere su di essa, tanto che fu fatale al giovane Baldur.
Leggenda narra che gli dei furono però in grado di resuscitare il ragazzo e Frigg, per riconoscenza, elesse il vischio a simbolo d’amore, amico della buona sorte se ci si scambiava un bacio sotto alle sue infiorescenze. Nel Medioevo ci sono testimonianze dell’uso del vischio in molte celebrazioni legate al Natale, anche se il rituale romantico pare essere più recente.
È probabile che la tradizione di baciarsi sotto al vischio abbia infatti preso piede nell’Inghilterra del XVIII secolo, facendo nascere la credenza che non farlo portasse sfortuna. Ma è con la pubblicazione de Il Circolo Pickwich di Charles Dickens del 1836, che la racconta benissimo, che l’usanza si è diffusa arrivando fino a noi. Dolcemente.
Condividi