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Affrontare competitività negativa e mobbing
Lo stress da lavoro colpisce sempre di più anche le donne e spesso la causa è proprio la rivalità o l’eccessiva competitività con le stesse colleghe. Ansia, depressione, irritabilità, insonnia, i problemi vissuti sul posto di lavoro tendono poi a condizionare la vita e la salute, una situazione psicologica quotidiana che rischia di compromettere l'autostima e la produttività di chi la vive.
La competizione è donna
Queste tensioni si sommano alle difficoltà che spesso le donne devono affrontare sul luogo di lavoro, come gli stipendi mediamente più bassi o la difficoltà di gestire con facilità famiglia e gravidanza. Spesso quindi ci si trova a dover fronteggiare una competitività femminile che si manifesta in rapporti personali difficili, ansia da prestazione e una situazione psicologica quotidiana che spesso genera malessere psico-fisico.
Da dove nasce la rivalità?
Perché alcune donne sul lavoro appaiono aggressive, ambigue, pronte a tutto pur di raggiungere il loro scopo? Sono molti i film, i libri, le ricerche e le analisi che denunciano la ‘cattiveria’ che alcune donne dimostrano sul luogo di lavoro. Rispetto all’aggressività plateale e manifesta dei maschi, spesso le donne si comportano in modo subdolo e manipolatorio, un comportamento che secondo alcuni psicologi ha origine dal rapporto madre/figlia e dalla lotta per contendersi l’amore del marito/padre. Una rivalità che spesso risulta dannosa sia per la vittima che per il carnefice, una spirale di vendette e ‘sgambetti’ che porta a solitudini e amizie ‘finte’.
Ai limiti del ‘mobbing’
Il problema principale è che spesso la competizione femminile non è dichiarata apertamente, non si manifesta in scontri diretti o sfoghi che permettono in un certo modo di stemperarne le cause. Questo anche perché in molti ambiti lavorativi ‘maschilisti’ dalle donne ci si aspetta un comportamento dimesso e passivo, le donne apertamente competitive sono giudicate in modo negativo. La competitività rimane quindi sotto traccia, espressa attraverso attacchi laterali, pettegolezzi. Un comportamento che nei casi più gravi diventa vero e proprio ‘mobbing’, ovvero una sistematica aggressione psicologica. Si tratta in questo caso spesso di un mobbing emozionale, o relazionale che non riguarda rapporti capo/subalterno, ma i rapporti interpersonali tra colleghe.
Come reagire e affrontare il mobbing?
La battaglia contro la competizione negativa non è facile, il rischio è quello di arrendersi o accettare le cose così come stanno. Importante invece riuscire a farsi valere senza colpi bassi o vendette. La competitività può e deve essere una leva sana di crescita lavorativa, ma occorre distinguere tra sana competizione, invidia e gelosia. Un cammino di consapevolezza che passa necessariamente da una maggiore autostima e fiducia nelle proprie capacità. La consapevolezza che i rapporti femminili dovrebbero essere un punto di forza, la solidarietà femminile un'arma per affrontare con maggiore unione le sfide che il lavoro ogni giorno sottopone.
Le regole da seguire:
1 – Non perdere la calma: dimostra di non essere disposta ad accettare soprusi. Parlane con i superiori o a quattr’occhi con la persona interessata, cerca un dialogo positivo e costruttivo.
2 – Rafforza la tua autostima: cerca di uscire dalla spirale di insicurezza e focalizzati sulla certezza che il disagio è causato da comportamenti sbagliati di altri e che tu hai i mezzi per reagire.
3 – Cerca un aiuto: apriti con una collega di fiducia, documentati su libri e riviste e nei casi più gravi di mobbing ricorri al supporto di professionisti, ad esempio psicologo, avvocato, sindacalista.
4 – Sfogati con chi ti vuole bene: non tenere il disagio tutto dentro di te, non avere paura di parlarne con familiari e amici, questo ti permetterà di razionalizzare il problema e affrontarlo con maggiore consapevolezza.
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