La tata straniera? Ottimo! Senza fare distinzioni grossolane (ciascun essere umano è unico e originale e non va giudicato per categorie, soprattutto etniche), ultimamente gli psicologi dell'età evolutiva plaudono al modello educativo che vede "scendere in campo" una Mary Poppins proveniente da paesi stranieri, dalle Filippine alla Romania, dall'Ucraina al Perù. Pare che i bambini tirati su da queste donne siano meno viziati e più culturalmente curiosi degli altri, quelli cresciuti con "tate indigene".
L'analisi è finalmente ad ampio raggio, visto che i primi bambini allevati grazie a baby sitter straniere erano quelli nati negli anni Ottanta. Adesso, diventati ventenni, sono ragazzi in genere autonomi, equilibrati e socievoli. Merito dell'influsso positivo esercitato dalla tata, sostengono gli studiosi. Infatti il modello di famiglia delle baby sitter straniere non è quello occidentale, che carica i figli di tutte le ansie e le aspettative dei genitori.
Nella loro cultura il bambino non è il reuccio da viziare e a cui contemporaneamente chiedere risultati sempre eccezionali. Il rapporto è invece più rilassato, tranquillo. I ragazzi sono sereni, e, abituati a più figure di riferimento, sono più autonomi e meno mammoni. Inoltre, la presenza di una tata straniera regala ricchezza culturale. Tra ninne nanne esotiche, parole nuove da apprendere e soprattutto ricette di cucina straniere, i bambini si divertono e si aprono al mondo. Certo, non basta la nascita in un Paese lontano e non basta avere il passaporto per rendere una tata la perfetta Mary Poppins. Ma un po' aiuta...
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