Alla fine della tua bio su Tegamini, racconti che nel luglio del 2017 decidi di tramutarti in una traduttrice e blogger a tempo pieno, scoprendo dopo circa venti minuti che avresti dovuto farlo prima. Perché? Cosa ti ha spinto ha lasciare un lavoro a tempo determinato per il quale molti trentenni ucciderebbero?
È vero, tutti stanno ad aspettare per anni l'agognato contratto ma tutto quello che è successo prima di quei venti minuti è stato fondamentale, perché non ti puoi improvvisare. MI sono specializzata in "Economics for Arts, Culture, Media and Entertainment" alla Bocconi. Ho lavorato a Torino al marketing Einaudi e poi a Milano come copy writer in un’agenzia. Mio figlio Cesare era nato da poco e mi ha dato la spinta definitiva. Ricordo che ero in ufficio – lavoravo in un open space con degli svalvolati dove c’era un solo telefono in mezzo alla stanza, i creativi giravano in skate e giocavano a pallone - e non mi sono vista bene, ho cominciato a pensare di non volere andare avanti. Ho fatti due conti. Il blog cominciava a funzionare, facevo da lettrice per qualche casa editrice e il lavoro di traduzione – iniziato quasi per scherzo, da fare nei weekend - era ormai un’occupazione fissa. Dopo venti minuti dalle dimissioni mi sono detta bravona ma c'è stato un lavoro pregresso e tanto lavoro per sopravvivere all’ansia quotidiana del far funzionare le cose e pagare l'affitto. In compenso sono rinata potendo lavorare a casa per i fatti miei, gestendo anche mio figlio in maniera diversa.
Perché hai scelto il nome Tegamini?
Sono una millennial che ha cominciato a scrivere un blog fin dalle scuole superiori, in era pre-Facebook. Mentre vivevo e lavoravo a Torino, ho deciso che avevo bisogno di un contenitore più ampio per gli argomenti che trattavo, per raccogliere contenuti che spaziano dalle recensioni di libri agli oggetti che mi ispirano. Quindi ho pensato ai tegamini, contenitori dove mettere i tanti ingredienti che compongono il mio mondo e si contaminano.
Cosa ti piace scrivere?
Tegamini esiste perché amo scrivere in generale. Ho avuto tanti filoni; ci sono i pezzi dove racconto della mia vita, del matrimonio, di Cesare e delle riflessioni quotidiane. Poi ci le recensioni letterarie - che possono essere anche lunghe e complicate in barba alle statistiche – ma anche le whislist delle cose che mi piacciono e che sono molto apprezzate. La parte più importante del mio lavoro è la cura dei social e della community di Tegamini. Ultimamente mi sono appassionata al podcast e mi piacerebbe creare contenuti di quel tipo.
Un possibile aspetto economico di un blog è quello di veicolare contenuti creati appositamente per le aziende: tu come gestisci il branded content?
Noi blogger siamo un pezzo nuovo del mondo promozionale. All'inizio nessuno di noi pensava che fosse un vero lavoro, venivamo invitati agli eventi ed eravamo super contenti. La consapevolezza del valore di ciò che facciamo si è sviluppata negli ultimi anni. Gestire il branded content richiede responsabilità nei confronti di chi ti legge. Non sempre è trasparente e naturale. Ho molte opportunità ma non è facile da fare perché può essere un boomerang. Se una cosa mi richiede elaborati collegamenti mentali – se ci devo riflettere per più di 10 secondi – significa che non si inserisce in maniera naturale nel blog o nel tuo stile comunicativo. Non devi mai dover parlare con una voce diversa dalla tua.
Errori fatti?
Cantonate vere e proprie non ne ho prese ma ci sono cose che potevo fare meglio e – facendo un passo indietro – mi rendo conto che agli inizi ero particolarmente feliciona e curiosa; con il senno di poi, mi sembra che alcune cose non fossero così rilevanti e forse avrei anche potuto risparmiarmele. Una cosa che avrei voluto fare di più all'inizio - quando Tegamini era ancora piccino - è puntare di più i piedi. Il lavoro di blogger è legato al quotidiano, quindi ha un impatto profondo sulla tua giornata; è importante non farsi schiacciare.
Un consiglio che darei è di costruire i progetti insieme ai brand e di coltivare le relazioni.
Cosa vorresti dire a chi sogna di lavorare nel mitico mondo dell’editoria?
Che è, appunto, un mito avvolto dal romanticismo. Una casa editrice è un'azienda che offre ruoli molto diversi, non è un luogo dove ci si mette tutti in una stanza sommersi da libri, gatti e tazze di caffè. Devi farti una domanda molto pragmatica: cosa vuoi fare in questo fantomatico mondo? Se vuoi presentarti per un colloquio devi conoscere il settore, come ovunque; io sono stata impiegata al marketing entrando da una facoltà economica che mi aveva offerto una specializzazione in questo settore, ho fatto uno stage seguendo il mio indirizzo di studi e c’è chi ha seguito un Master, come quello di Fondazione Mondadori, che è un’ottima opportunità di mettere un piede nell’editoria e fare una panoramica.
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