Il tuo libro, Romantic Italia, ha avuto un successo notevole: quando hai cominciato a scrivere di musica e perché?
Faccio fatica a datare: ho sempre amato scrivere, fin dai primissimi anni di liceo. Amando molto la musica, ho cominciato a leggere le riviste musicali che mi compravano i miei genitori al sabato, scoprendo che la musica si poteva raccontare. A 14 anni ho cominciato a scrivere una Storia del Rock usando fonti cartacee e quel poco che c’era on line: internet era agli inizi e io leggevo monografie nelle biblioteche. Poi ho studiato lettere moderne con indirizzo in storia del teatro, cinema e televisione ma non osavo lanciarmi, non mi sentivo all’altezza. Un giorno, un’amica - che credeva in me più di quanto facessi io - mi ha girato un annuncio, così ci ho provato, ho iniziato e non ho più smesso. Dalla primissima collaborazione con una rivista on line, circa dieci anni fa, le cose si sono concatenate in modo positivo e felice: questa passione è diventata un lavoro anche se credo che la gavetta non finisca mai, perché altrimenti si smette di crescere.
Ti hanno mai chiesto quanti dischi possiedi? Dove li tieni? Quanta musica ascolti?
Sono la prima cosa che ho portato via, uscendo da casa dei miei genitori e trasferendomi in un posto tutto mio: sono circa 500 cd ed un migliaio di vinili. Li tengo tutti vicino a me in una banalissima libreria Ikea e in uno scaffale ereditato da una zia, insieme ai suoi dischi. Ascolto principalmente vinili. Ricordo di aver comprato il primo a 13 anni, in quella fase in cui a casa non si ascoltavano più 33 giri ma conoscevo quel formato dai miei genitori. Io compro dischi di ogni genere, me ne regalano, uso Spotify e internet: per ascoltare musica, qualsiasi mezzo va bene, si potrebbe ascoltare anche origliando!
Che influenza hanno su di noi hanno le canzoni che cantiamo?
Ascoltare canzoni d’amore influenza il modo in cui approcciamo il sentimento o viceversa? L’educazione sentimentale finisce nelle canzoni o sono le canzoni a educarci? Le parole, per me, sono sempre state un luogo in cui trovare espresso in modo e lucido e profondo quello che stavo provando: il sentimento ne esce amplificato, analizzato e rivelato. Come accade in letteratura, scopri di non essere solo e che quello che provi non è esclusivo, che in realtà è già stato pensato da altri esseri umani. In Romantic Italia, ad esempio, ho cercato di far concentrare il lettore su un verso e far scoprire un significato che non sembrava esserci: le canzoni fotografano un momento preciso di vita vissuta.
Il modo di ascoltare le canzoni cambia a seconda delle generazioni?
Cambia il mezzo con cui si ascoltano e questa è già una grossa differenza. La possibilità di fuga dalla continuità è sempre più forte. Un quindicenne di oggi ascolta in maniera diversa rispetto a un coetaneo degli anni ‘80. La tecnologia però non cambia l’importanza della musica per le persone, perché è più forte delle generazioni e dei pregiudizi: l’intensità del messaggio resta più forte del mezzo.
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