Fai parte della schiera di millennial creative che ci fanno sognare un futuro ancora roseo per il made in Italy: come hai scelto la tua strada del vasto mondo del design?
Mi ci è voluto un po’ di tempo per focalizzare cosa volevo fare. Ho sempre avuto tante passioni, ho girato molto e ho avuto la fortuna di avere genitori che mi hanno fatto appassionare a tante cose ma essere eclettiche può essere anche un ostacolo. Ho studiato antropologia ma ho abbandonato, poi ho preso un BA allo IED di Torino in illustrazione; tuttavia l’editoria non faceva totalmente per me, perché mi sembrava un mercato molto saturo e un po’ soffocante. Invece io ho bisogno di un riscontro materico e mi piace misurarmi con superfici diverse, imparare nuove tecniche, affrontare i limiti e scoprire come superarli.
Che cosa fa una textile designer?
Con questo nome si possono intendere tante figure dal diverso background: puoi disegnare il pattern o sviluppare il prodotto. Rispetto ad altri ambiti non ci sono ruoli specifici e a me è tornato utile – soprattutto lavorando negli Stati Uniti - sapermi occupare di tutti gli aspetti fino alla gestione dei processi di stampa su diverse superfici o saper fare ricerca.
Cosa ti ha aiutato professionalmente?
Sono andata a Londra a fare qualche corso di specializzazione al Central Saint Martins College of Art. In Italia essere multidisciplinari è visto più spesso come un limite mentre altrove è un plus, una cosa bella. Ho frequentato laboratori specializzati nella stampa e ho cominciato a comprendere la mia necessità di veder l'applicazione pratica di ciò che facevo; ho proseguito specializzandomi in textile design con focus sullo sviluppo del prodotto. I primi passi nel mondo del lavoro li ho fatti a partire da uno stage nel Gruppo Miroglio e poi in altre aziende tessili.
Segui il resto dell'intervista a Sivia Stella Osella sfogliando la gallery.
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