Da dove nasce la passione per il gioiello d’artista e come l'ahi trasformata nella tua professione?
Ho cominciato per puro caso. Mio marito – oggi scomparso – possedeva in un’azienda orafa. Un giorno, aprendo un cassetto, trovai dei pezzi creati da Arman. Lui li aveva messi da parte perché era appassionato soprattutto d’antichità. Mi disse “fanne ciò che vuoi”, così cominciai una produzione tutta mia all’interno del marchio Filippini. Ho lavorato con trenta artisti dal 1998 al 2011. Alla sua morte, si aprì una complessa fase ereditaria e decisi di proseguire con un mio marchio, Marylart. Solo in tempi recenti, sono riuscita a ottenere la restituzione dei certificati di quello che avevo prodotto dall’inizio dell’attività.
Cosa accade quando un artista decide di misurarsi con il gioiello?
Gli artisti che riescono ad affrontare il lavoro altamente tecnico di fabbricare gioielli non sono molti. Lo fanno perché spesso si tratta proprio di una sfida, un modo di esplorare un particolare versante della loro arte. Alcuni hanno le competenze per creare personalmente un gioiello portabile e sono a loro agio con il concetto di vestibilità; altri devono essere aiutati e stimolati. In questo caso, il loro lavoro viene affiancato da quello di un orafo di mia fiducia che, attraverso molte prove, trasforma le bozze o i prototipi dell’artista in un gioiello finito.
È una produzione di super nicchia – siamo sei al mondo a occuparcene – e c’è molta collaborazione e solidarietà. Anche la tiratura rispecchia quella delle sculture: ci può essere l’esemplare unico, il pezzo unico o originale che normalmente è tirato fino a 8 esemplari, sopra gli 8 pezzi si chiama multiplo d’artista (possono essere 25, 50 o più). L’autentica riporta il numero di tiratura firmato dall’artista.
Con quali artisti collabori?
Con il marchio Marylart edito le opere di Arman, Pol Bury, Ben, Turi Simeti, Fabrizio Plessi, Marco Lodola, Lim Dong Lak, Mauro Staccioli, Valerio Adami, Kcho, Marco Nereo Rotelli, Emilio Isgrò, per citarne alcuni. Sto portando avanti progetti con Marina Abramovic, El Anatsui, Tony Oursler, Joana Vasconcelos, Pablo Atchugarry,
Quali sono le caratteristiche di queste particolari opere d'arte?
Non si trovano all’interno del consueto circuito della gioielleria, dove ha molta importanza il valore oggettivo del pezzo, misurabile in peso dell’oro e in carati. Possono essere realizzati con materiali preziosi della gioielleria tradizionale ma anche con plastiche, plexiglass, legno o ottone perché il materiale è un mezzo, non è un fine. Sono opere a sè stanti che sfidano le regole e derivano il loro valore dalle capacità e dalla reputazione del loro creatore.
Si tratta di una particolare forma d'arte, che sta prendendo sempre più piede tra i collezionisti, i Musei e gli operatori dell'arte; soprattutto, sta ottenendo sempre più visibilità e sta raggiungendo cifre ragguardevoli nelle aste d'arte internazionali. Sono vere e proprie sculture portabili.
Perché si può parlare di museo in miniatura?
La definizione di “museo in miniatura” appartiene al mio caro amico Pierre Restany, grande critico d’arte ormai scomparso. Probabilmente chi colleziona – e ama mettere in mostra, anche sul proprio corpo – questo tipo di gioielli, colleziona anche quadri e sculture. Prima di Diane Venet – che dice sempre di non indossare gioielli ma solo arte – un’altra celebre collezionista ritratta con questo genere di gioielli fu Peggy Guggenheim: nel suo museo veneziano sono ancora visibili gli orecchini che Calder e Tanguy crearono per lei. Calder fu sicuramente l’artista più prolifico perché creò centinaia di gioielli.
Se si volesse scoprire – e acquistare - questo genere d’arte, dove bisognerebbe cercarla?
I musei che si stanno occupando di gioiello sono molti e - dal lontano 1998 - è in corso la mostra itinerante "Da Picasso a Jeff Koons", organizzata e curata da Diane Venet (moglie dello scultore Bernar Venet). Si tratta di un percorso attraverso la storia dell'arte dai primi del '900 ai giorni nostri, attraverso la creazione di gioielli da parte dei maggiori artisti internazionali: praticamente un "museo in miniatura" con un catalogo sempre molto prestigioso. A settembre 2018 a chiuso un’esposizione al Musèe d'Art Decoratif di Parigi e le prossime tappe saranno Museo d'Arte di Rio de Janeiro e San Paolo del Brasile, poi probabilmente Pechino.
Per investire in un pezzo invece, come ho detto, non in gioielleria: sarebbe come andare a comprare un paio di scarpe da un fruttivendolo. Si trovano soprattutto nelle gallerie e nelle fiere d’arte; quelle di fama internazionale possono essere il PAD a Londra e Parigi, Artefiera a Bologna, Flash Back a Torino, ArtParis e Art Elysée a Parigi, BRAFA a Bruxelles, TEFAF a Maastricht, Design Basel e Miami, Art Miami. Poi naturalmente ci sono alcuni concept store di altissimo livello che si occupano di design, come Corso Como 10 a Milano e – sempre a Milano - stanno aprendo un paio di gallerie specializzate, come quella di Martina Simeti, figlia del pittore Turi Simeti.
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