Chi si rivolge più frequentemente al servizio di orientamento?
Chi si interroga davvero sul proprio futuro e non teme di mettere in discussione ciò che crede di sapere. Le scelte che vengono “naturali” talvolta nascondono insidie. I dubbi fanno male, ma sono uno strumento di crescita.
Come si svolgono gli incontri con i ragazzi?
Si parte sempre dall’analisi delle aspettative: il primo passo è capire cos’hanno in testa, per comprendere se l’idea che si son fatti dell’Università coincide con la realtà. Una volta smantellati i “falsi miti”, si passa alla motivazione: perché hanno scelto quel corso? Chi li ha influenzati nella scelta? In che percentuale hanno influito i motivi personali rispetto ai motivi esterni? L’ultima parte è la più utile, quella in cui si inizia a costruire. Dopo che hai smantellato miti e credenze, riparti dalla persona. Viviamo in un mondo che prova a dividere anche i ragazzi in compartimenti stagni: a scuola devi essere X, a casa Y, con gli amici puoi essere Z, ma quando sei da solo nella tua camera, sei un’altra cosa ancora e spesso nemmeno tu sai cosa. Quando si studia, lo si fa con la testa, con il corpo - che non può andarsene da nessuna parte - e con il cuore, che può essere un grande alleato quando ha un sogno che passa per lo studio o il nostro più grande nemico se crede che starebbe meglio altrove. Per capire cosa vuoi diventare, bisogna partire da ciò che sei e questo percorso di scoperta si fa con l’ascolto, ma anche con giochi di ruolo, test, simulazioni, visite guidate, lezioni, prove di studio e qualche tranello messo lì dalla psicologa, per capire se stai dicendo ciò che pensi o se dici ciò che pensi di dover dire.
Al momento della scelta della facoltà, che differenze noti tra maschi e femmine? Chi ha più bisogno di essere indirizzato?
Continua la tradizionale convinzione dei maschi di essere più ferrati nelle materie scientifiche e delle femmine di essere portate per quelle umanistiche ma le eccezioni son sempre più frequenti, soprattutto fra gli studenti stranieri. Tutti in realtà hanno bisogno di essere orientati, perché le false credenze circa un corso o una professione sono più pericolose dell’incertezza. Molti scelgono un corso in base alle materie che piacciono, senza interrogarsi su cosa poi vorrebbero farci con queste materie. Non è raro che la professione che immaginano abbia poco a che fare con il suo reale svolgimento. Paradossalmente, chi ha più dubbi all’inizio è meno sereno ma almeno si interroga e tiene gli occhi bene aperti per capire se la strada scelta è quella giusta.
Nella tua esperienza, quali sono gli errori più comuni commessi dalle studentesse nell’affrontare la vita universitaria?
Le studentesse devono essere perfette. Se hanno genitori laureati, non possono essere da meno. Se non li hanno, portano sulle spalle il peso dell’investimento fatto dalla famiglia su di loro. E la cosa buffa è che non importa quanto siano comprensivi i genitori: il giudice più spietato è sempre la studentessa stessa. In tanti anni di lavoro, non ho mai incontrato nessuna “sfaticata”, semmai tante ragazze che studiano troppo, ma con il metodo sbagliato e che soffrono per la delusione che credono di dare ai genitori. Anche quando fingono di ignorare le critiche, la maschera si sgretola in pochi secondi. A volte mi piacerebbe chiuderle tutte nella stessa stanza e obbligarle a dirsi ciò che dicono a me: vivono tutte all’inferno, convinte che le altre si sentano in paradiso. Parlando tra ragazze, il senso di solitudine e diversità svanirebbe come neve al sole.
Le ragazze sono più o meno motivate dei coetanei maschi?
Ogni persona è diversa dalle altre e non c’è una regola generale. Le ragazze ricorrono più spesso ai servizi di orientamento: loro pensano sia perché sono più insicure, ma la verità è che semplicemente si fanno più domande. Le ragazze sono molto motivate a finire ciò che hanno cominciato (sebbene non sempre sia necessariamente un bene), mentre i ragazzi mollano più facilmente il colpo e hanno meno problemi ad ammettere di aver preso una cantonata.
Come si fa a riconoscere i propri punti di forza e metterli a frutto durante gli studi?
Il modo più rapido è parlare con uno psicologo dell’orientamento. Noi siamo i peggiori giudici dei nostri pregi, mentre siamo precisi e spietati nel riconoscere i nostri difetti. Me ne accorgo ogni volta che devo aiutare uno studente a sistemare il curriculum: di solito c’è scritto sopra solo cosa ha studiato, il voto e che fa ripetizioni o baby-sitting. Sembra che l’Università sforni tanti piccoli cloni; poi, parlando, scopri che nella vita hanno competenze spendibilissime nel mondo del lavoro. Ricordo una ragazza che per 30 minuti ha sostenuto di non aver alcuna esperienza extra-accademica mentre in realtà aiutava da cinque anni un’associazione a tradurre tutte le pratiche necessarie per l’immigrazione e i ricongiungimenti familiari; oppure una studentessa che per hobby metteva online i sottotitoli dei nuovi episodi delle serie appena trasmesse in America. Tutte abituate a scindersi in tanti sé diversi - in mondi che non si toccano - non riescono a capire che ciò che fanno per passione, spesso e volentieri dà loro delle competenze.
Puoi elencare le 5 regole che uno studente non dovrebbe mai scordare per affrontare con serenità l’università?
- Essere l’unico metro di misura del proprio successo accademico e professionale: non esistono due esseri umani identici e l’unico sistema valido per valutare i tuoi progressi sei tu.
- Se all’Università studi e basta, stai sbagliando qualcosa: la vita non deve procedere a compartimenti stagni, ma ciò che siamo e impariamo in un settore deve trasferirsi negli altri, altrimenti serve a ben poco.
- La Laurea è un mezzo, non un fine: poco conta il 110 e lode se non sai cosa vuoi farci.
- Il motivo per cui sceglieranno proprio te per un lavoro, non è ciò che hai in comune con tutti gli altri laureati, ma ciò che hai di diverso.
- Studiare bene è impegnativo quanto lavorare: chi sostiene il contrario, non sa di che parla o se lo è dimenticato.
Come si affrontano i dubbi legati al proprio futuro dopo gli studi?
Col confronto: finché tutto rimane nella nostra testa, la soluzione non si trova. Bisogna tirar fuori le cose, parlarne con più persone, ma soprattutto con quelle che sanno davvero di cosa stanno parlando. L’unica cosa di cui diffidare è il sentito dire: o la persona con cui mi sto confrontando sa le cose perché c’è passata o ha una formazione specifica, oppure il suo giudizio non ha più valore del mio.
Quali sono i consigli che dai più spesso?
Incredibilmente, il consiglio più gettonato è studiare meno - magari con più metodo, però - e fare esperienze di vita.
Nella tua esperienza, ci sono strategie utili a infrangere il soffitto di cristallo?
Solo una: non stare a fissarlo dal basso chiedendosi quanto mai sarà spesso, ma avvicinarsi, tirare qualche timida testata e, se non basta, tornare al piano di sotto e procurarsi lo strumento più idoneo ad infrangerlo.
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