Per capire qual è il grado di inclusione nei posti di lavoro in Italia, per il terzo anno sono stati pubblicati i risultati del Deloitte DE&I Maturity Index, una ricerca condotta in 78 aziende di medio-grandi dimensioni, per comprendere qual è il livello di rispetto nei confronti della diversità e dell'inclusione. I risultati permettono di comprendere la strada intrapresa dagli imprenditori e cosa c'è ancora da fare per poter raggiungere un livello di inclusione che possa essere considerato accettabile, almeno.
In Italia una donna su due lavora e fanno fatica a fare carriera, visto che solo una su 4 è una dirigente. Per non parlare poi del divario di genere nelle retribuzioni, il gender pay gap, che è al 12% e aumenta man mano che le responsabilità delle mansioni incrementano. Secondo quanto emerso, però, da questo studio, quasi 8 aziende su 10 (76%) tra quelle analizzate hanno investito in formazione e sviluppo per poter migliorare l'inclusione nella propria organizzazione.
Si inizia con il reparto delle risorse umane: in questo caso un'azienda su due (il 52%) ha adottato delle politiche per garantire un processo di selezione senza pregiudizi, grazie alla formazione dei recruiter. Alcune aziende, poi, hanno adottato totalmente (24%) o in parte (47%) un approccio sequenziale all'inclusione: prima si sono occupati della diversità di genere, poi dell'etnia, dell'età, della disabilità e via di seguito. Così da valorizzare l'unicità di ogni persona in quanto caratterizzata da diversità multiple.
Lo studio ha anche dato consigli per migliorare l'inclusione al lavoro. Secondo gli esperti servirebbero:
- una strategia definita (l'87% delle aziende ha una strategia focalizzata soprattutto su diversità di genere e generation gap)
- un team dedicato (8 aziende su 10 hanno una governance ad hoc per gestire questi temi)
- un budget specifico (il 33% ha un budget superiore a 100mila euro)
- metriche per misurare i progressi (il 45% ha una certificazione per la parità di genere)
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