Le nostre vorremmo nasconderle, quelle degli altri scoprirle in tempo. Sono le bugie. Non ci piacciono –su questo siamo tutti d’accordo- ma a tutti noi è capitato di raccontarle. Generalmente dopo averne detta una siamo vinti dai rimorsi o sopraffatti dai sensi di colpa. C’è però anche chi prova un sottile piacere al solo pensiero di essere scoperto e di ricevere una punizione esemplare e chi, infine, prova un senso di vittoria per l’inganno ben riuscito. A detta degli esperti il mentire deve essere considerato un atto del tutto naturale, anzi fisiologico e del tutto normale a patto che ovviamente non si superino certi limiti. A ben vedere mentire non è altro che mascherare la realtà che ci circonda e deformare i fatti che ci accadono, ovviamente a nostro vantaggio.
Ma qual è l’impulso talvolta irrefrenabile che ci porta a dire delle menzogne? Perché mai tutti noi cediamo alla tentazione di non dire la verità? Essenzialmente per migliorare e promuovere la nostra immagine sociale, per meglio rispondere alle aspettative altrui (di genitori, amici e superiori) e anche per vincere l’insicurezza che spesso ci accompagna. A volte, però, ricorriamo alla bugia per proteggere noi stessi da emozioni troppo forti, da dolori troppo grandi che preferiamo non provare. E così per non affrontare un’amara verità finiamo per autoingannarci. E’ questo il caso frequente della moglie tradita che continua a pensare di sbagliarsi sul marito anche di fronte a prove schiaccianti.
Quella di mentire è a tutti gli effetti un’arte che si apprende fin dalla tenera età e che col tempo si affina. Secondo alcuni studi si impara a farlo a circa tre anni quando compare la teoria della mente per cui il bambino riesce ad immaginare quello che pensano le altre persone. Per la prima volta sceglie di dire una bugia in modo consapevole e alla domanda se abbia commesso un atto senza averne il permesso risponde “no” per evitare la punizione. Il bambino, però, non é ancora un bugiardo professionista e bastano le sue espressioni del viso molto eloquenti per farlo “cadere”. Durante l’adolescenza, invece, nella fase di costruzione di una nuova identità la bugia è utile per proteggere il senso di sé.
Anche in età adulta ci capita di avere a che fare con bugiardi. Nella coppia spesso succede che il mentitore incallito neghi anche di fronte all’evidenza e che l’interlocutore sia disposto a continuare a credergli. Solitamente la vittima di turno è un soggetto debole incapace di valutare da solo la realtà che lo circonda, che si fida poco di sé e pronto a fidarsi, nonostante tutto, del bugiardo. In questo caso l’unico modo per difendersi e ritrovare stima di se stessi è prendere le distanze. A volte mentire può essere una malattia. Se si perde totalmente il contatto con la realtà, si finisce per credere veramente alle menzogna che si raccontano e non si riesce più a fare a meno di dirle meglio non sottovalutare il problema e rivolgersi ad uno specialista.
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