L'essere inanimato, cioè privo di "anima", contraddistingue invece tutto ciò che esiste nel mondo pur non essendo vivente. I sassi, le pietre, sono inanimati e pertanto se ne stanno immobili, cioè privi di moto. Tutto ciò che vive si tramuta, non rimane sempre uguale a se stesso, perché al vivere appartiene anche il crescere e il trasformarsi, l'invecchiare fino al morire. Il corpo muta con l'età e le esperienze che fa, così come la mente.
DIVENIRE È VIVERE
Eppure se il movimento, come moto autonomo che nasce dall'interno, appartiene in senso stretto alla vita, perfino gli oggetti inanimati non sono mai perfettamente statici, ma essi pure sono soggetti al cambiamento. Le pietre vengono erose dalla pioggia e dal vento, l'aria muta qualità a seconda della stagione, i mari si alzano e si abbassano modificando i continenti. Tutto ciò che esiste si trasforma in continuazione, in tempi più o meno lunghi. "Non è possibile discendere due volte nello stesso fiume", diceva il filosofo greco Eraclito, perché l'acqua con cui ci bagniamo non è mai la stessa. L'immagine utilizzata da Eraclito è una metafora dell'esistenza e dell'incessante divenire delle cose. Perché la vita scorre come un fiume, come l'energia che pervade i corpi viventi e attraversa ogni molecola dell'universo. E in questo scorrere è implicita la necessità del lasciar fluire, perché l'arresto, il blocco, la stasi coincidono con la morte. Ben più che il pensiero e il sentire occidentali, la filosofia e le religioni orientali hanno da sempre predicato il concetto di "impermanenza", intendendo con questo che tutto ciò che esiste "non permane", cioè è soggetto al cambiamento, all'instabilità e alla trasformazione.
IL CAMBIAMENTO INTERIORE
La mutevolezza contraddistingue l'esistenza non solo sul piano fisico, come cambiamento dello stato dei corpi e delle molecole delle sostanze, ma anche su quello mentale e spirituale. Nascere, entrare nel mondo, implica mettersi in cammino e percorrere una strada lungo la quale si incontrano persone, ambienti, situazioni sempre diverse. E ogni volta che ci entriamo in contatto, dobbiamo essere in grado di affrontare e risolvere i problemi che possono presentarsi. Ma il mondo non è solo quello esterno e concreto, fatto di cose e di oggetti: è anche quello immateriale dei desideri, delle emozioni e dei sentimenti che provengono dal nostro interno e che costituiscono un universo altrettanto composito e complesso di quello visibile.
Le forme del nostro sentire e le figure del nostro immaginare spesso sfuggono alla nostra comprensione, eludono la ragione con cui cerchiamo di amministrarle e dominarle. Ma se il senso del nostro viaggio è la scoperta di noi stessi, l'unico modo per capire chi siamo e cosa vogliamo è quello di metterci alla prova. E questo implica il rischio. Le nostre possibilità e i nostri limiti, quello che ci può essere accessibile e quello che invece ci è precluso, si scoprono durante questo percorso di esplorazione del mondo, sia di quello esterno che di quello interno. Perché il mondo non è mai dato una volta per tutte, ma sempre ricreato da noi stessi, dagli altri e dalle relazioni che intrecciamo. La vita non è e non può essere stasi, ma un fluire continuo.
L'andare cambia gli orizzonti, modifica i panorami, fa scoprire nuove prospettive, perché il mondo che ci viene incontro deve essere accolto per potersi offrire e farsi cogliere come opportunità. Chi si ferma, chi si blocca, chi si tira indietro opera una chiusura che rende sordi e ciechi rispetto all'accadere del mondo. Un eccesso di difesa che ci esclude dalla vita, anche se crediamo di essere vivi solo perché continuiamo a respirare.
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