L'industria del fast fashion può essere "conveniente" per il nostro portafoglio e la nostra voglia di cambiare sempre look, ma non lo è dal punto di vista ambientale ed etico. L'abbigliamento usa e getta, infatti, ha un impatto sulla Terra che non possiamo più sottovalutare. La moda inquina il nostro mondo e siamo noi a essere le molle che fanno scattare gli ingranaggi di un circolo vizioso duro a morire. La Francia ci prova con una legge che vuole limitare i danni ambientali del fast fashion.
La deputata Anne-Cécile Violland, autrice della proposta di legge, spiega che il suo testo vuole limitare l'impronta ambientale dei beni usa e getta dell'industria fashion: il consumo a prezzi spacciati di tali capi di abbigliamento, che hanno poco di sostenibile, causa maggiore inquinamento, sovrapproduzione e, di conseguenza, rifiuti tessili da smaltire, senza dimenticare gli aspetti etici sulle modalità di produzione di tali capi (lavoro forzato e violazione dei diritti degli esseri umani in primis, ma sono anche tanti altri i risvolti negativi da considerare).
Parigi vuole porre un limite a tutto ciò. La manovra è stata studiata per punire le aziende del fast fashion con multe che andranno a compensare l'impatto ambientale dei capi usa e getta e a limitare i prodotti di queste imprese. La proposta di legge propone una modulazione dell'”eco-contributo” che le società dovranno versare proprio in base al loro impatto ambientale.
Il testo della legge francese impone anche un divieto di pubblicità per le industrie di fast fashion, un po' come si è fatto con la legge Climat del 2021 che vieta la pubblicità per energie fossili e quelle che propongono mere azioni di greenwashing. Il presidente dell’Unione delle industrie tessili, Olivier Ducatillion, approva il progetto, sostenendo che “tutte le iniziative volte a combattere la concorrenza sleale di Shein, Temu e consorti siano le benvenute”.
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